L’Italia è un paese meraviglioso. Per taluni versi lo è. Decisamente. Quali sarebbero questi versi? Andiamo con ordine.
La data a Neverland d’Inverno me l’ha fissata Alessandro Giovanniello (noto ai più come Alez), l’uomo che regge i fili del Rock Island, del Neverland dello scorso anno e che mi ha organizzato dalla prima all’ultima data del tour Aspetto la bellezza, quello in solo acustico di due anni fa. Nonostante il fatto che lui sia originario della provincia di Avellino e io di Salerno città (in Campania si ammazzano per questo, dentro e fuori dagli stadi), ci vogliamo bene. E già questo mi sembra bello. Lui non perde occasione per ricordarmi che tra i Lupi hanno militato giocatori del calibro di Dirceu e di Juary, io gli rispondo che tra i gloriosi granata ha chiuso la carriera Agostino Di Bartolomei, bandiera della Graaaaande Roma di Liedholm, Falcao e Pruzzo.

Digressione: Agostino Di Bartolomei morì suicida. Si sparò al cuore a dieci anni esatti dalla finale di Coppa Campioni persa ai rigori dalla Roma contro il Liverpool. Tempo dopo fu ritrovato un suo biglietto strappato sul quale c’era scritto: “Mi sento chiuso in un buco”. La canzone La leva calcistica del 68 di De Gregori è dedicata a lui. Fine digressione.
Il cielo ci mostra le differenti gradazioni del grigio mentre sulla A4 ci dirigiamo verso Capriate. Oltre le nuvole, le Prealpi imbiancate galleggiano in una luce d’inizio secolo. Arriviamo e scarichiamo, ma visto che per diversi motivi né io né Bonfo (tour manager, label manager, rotture di coglioni manager – quello che, insomma, risolve i problemi, o almeno ci prova) abbiamo mangiato, ci dirigiamo insieme a Leslie (bassista, in precedenza fonico live) al bar che sorge nella piazzetta poco lontana dalla rocca dei Colleoni. Poltrone verde acido, 7 (sette) megaschermi alle pareti che inviano 7 (sette) canali diversi sparati a un volume indescrivibile. Chiediamo dei toast e delle cochecole (toast asciuttissimi, una fetta di prosciutto e formaggio di quart’ordine, voto 3,5; cochecole annacquate, voto 4,5; servizio cordiale ma lacunoso, voto 5 meno meno).
Nel bel mezzo del sound check arriva il sindaco per salutarmi. Fico, penso, devo dirlo a mia madre. Mi ha visto al Neverland e le è piaciuto il concerto, così è passata per fare un saluto. Non so se darle del tu o del lei; poi decido di restare sul lei, più istituzionale. Poco dopo scopro che il fonico è il vice-sindaco, e questo imprime una svolta formale al sound-check, che portiamo a termine con soddisfazione di tutti – vice-sindaco compreso.

Nel dopocena intervista con Roberto Bonfanti – l’intervista si tramuta in una specie di cabaret e invano tenterò a fine serata di convincerlo a – come dire – tralasciare, passare sopra, dimenticare, cancellare alcune mie dichiarazioni balzane. Non c’è verso, è intenzionato a fare il suo dovere di cronista fino in fondo – meno male che non scrive per il Corriere della Sera.
Manca ancora un’ora all’inizio del concerto. Mi chiudo in camerino con la mia acustica in re aperto e suono tutti i blues che conosco. Due ore e mezzo dopo sono tra il pubblico con la stessa chitarra a suonare una versione totalmente unplugged di La mia rovina (brano che finirà sul nuovo disco) prima del gran finale con il resto della band.
Seconda digressione: ho iniziato a scrivere sparandomi in cuffia la radio di lastfm settata su “artisti simili a The Ark” – gruppo che amo particolarmente – così in questo momento ascolto musica dance cantata in svedese. Cambio, passo a un più classico “artisti simili a BRMC”. Meglio, sì, meglio. Fine digressione.
Il concerto è finito. Mi cambio velocemente e mi faccio portare una bella birretta – me la merito, così è stabilito.
Dopo una mezz’oretta di chiacchiere assortite – e diversi cd autografati sui quali scrivo Colza invece di Solza in uno slancio di ecologismo – arriva il clou della serata.
Il clou della serata è, più o meno in ordine, questo:
Il Kalashnikov: oltre a essere il fucile mitragliatore più amato dai guerriglieri che svolgono la propria attività a latitudini tropicali, è anche un intruglio inventato dal barista del castello. Si tratta di vodka impreziosita da un accento di assenzio. Dopo che l’hai bevuto devi azzannare una fetta d’arancia coperta di zucchero di canna. E correre a leggere Baudelaire.
Una lunghissima disquisizione portata avanti da un dj locale, famoso per organizzare rave parties nel circondario, sul seguente quesito: esteticamente, è più apprezzabile un membro maschile eretto o un clitoride?
Altri Kalashnikov.
Il dj esprime la sua preferenza estetica a favore del membro maschile e mima in malo modo la parte femminile.

Sconforto tra i presenti – il vice-sindaco, fino a quel momento sobrio e posato, va su tutte le furie.
Ancora Kalashnikov.
L’intervento nella discussione della compagna del suddetto dj locale. Rifiuta la descrizione antecedentemente fatta dal suo compagno – che forse mentre scrivo è diventato il suo ex-compagno – e propone una descrizione del di lui organo. La descrizione non appare particolarmente ossequiosa.
Sconforto del dj.
Kalashnikov.
Il barista attacca a parlarmi in portoghese. Io gli rispondo in spagnolo. Lui si incazza, dice che il portoghese non è lo spagnolo, sono due lingue diverse. Io gli rispondo che lo so, ma il portoghese non lo conosco.

Dopo un crescente delirio di nonsense à la Monty Python, ci ritroviamo in autostrada. Bonfo, saldamante alla guida, ci riporta a casa.
Qui una recensione del concerto
Il kalashnikov è di importazione e non mia invenzione, ci tenevo a precisarlo, però l’ho importato io in quei di Solza, se vai a Lisbona, per il Bairro Alto, lo trovi di sicuro…
Comunque la convenzione di Ginevra degli alcolisti anonimi lo proibisce!
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il primo film di sorrentino (il suo più bello, secondo me) si intitola “l’uomo in più” e pare sia anch’esso dedicato/ispirato a di bartolomei..
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